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della provincia di Ravenna


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Presentazione del Comitato per il NO a Ravenna LUNEDI’ 1 FEBBRAIO 2016 – ORE 20,30

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Renzi vuole un principato. Ecco le ragioni del NO – intervista a Alessandro Pace

intervista a Alessandro Pace (presidente del Comitato per il NO)
di
Giacomo Russo Spena da MicroMega

Il Parlamento ha dato il suo via libera, la parola spetta ai cittadini. Ma attenzione a parlare di “svolte autoritarie” nella riforma costituzionale di Renzi-Boschi, piuttosto Alessandro Pace – professore emerito di diritto costituzionale nell’Università La Sapienza di Roma e presidente del Comitato per il No al referendum – intravvede “un blocco di potere affaristico-finanziario con propaggini piduistiche che, grazie ad una legislazione elettorale drogata, potrebbe reggere per anni con il favore di una minoranza di elettori”. Il comitato è formato tra gli altri da Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Gaetano Azzariti e altri illustri giuristi. Poche risorse economiche e media ostili però, per Pace, la battaglia va comunque combattuta “per la nostra dignità d’uomo, come diceva Calamandrei, e per dare testimonianza della nostra fede nei principi nei quali crediamo: libertà, eguaglianza, pluralismo, democrazia. E per poter tramandare questi valori ai nostri figli e nipoti”.

Professore Pace, la riforma voluta dal governo Renzi si compone di due capitoli che costituiscono due facce dello stesso progetto: la revisione della Costituzione e la riforma elettorale. Quali sono i punti più controversi che Lei critica? Il concentramento di potere nella mani del premier? Il monocameralismo?
I punti controversi sono molti. Innanzitutto il ddl Renzi-Boschi nega l’elettività diretta del Senato, ancorché gli venga contraddittoriamente ribadita la spettanza della funzione legislativa e di revisione costituzionale; privilegia la governabilità sulla rappresentatività; elimina i contro-poteri esterni alla Camera senza compensarli con contropoteri interni; riduce il potere d’iniziativa legislativa del Parlamento a vantaggio di quella del Governo; prevede almeno sette/otto tipi diversi di votazione delle leggi ordinarie con conseguenze pregiudizievoli per la funzionalità delle Camere; sottodimensiona la composizione del Senato (100 contro 630) rendendo irrilevante il voto dei senatori nelle riunioni del Parlamento in seduta comune relative alla elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti del CSM (mentre per quanto riguarda i giudici della Corte costituzionale ne attribuisce irrazionalmente tre ai 630 deputati e addirittura due ai 100 senatori); pregiudica il corretto adempimento sia delle funzioni dei senatori, divenute part-time, sia quelle ad esse connesse, dei consiglieri regionali e dei sindaci; prevede degli inutili senatori pro-tempore di nomina presidenziale, ancorché il Senato non svolga più quelle alte funzioni che giustificavano la presenza di senatori a vita eletti dal Capo dello Stato. Inoltre ciò che preoccupa di più è il combinato disposto della riforma costituzionale e dell’Italicum (che è il bis del Porcellum), in conseguenza del quale il Premier-segretario conseguirebbe uno smisurato accumulo di poteri.

La riforma mette veramente a rischio il nostro impianto democratico? Rischiamo una torsione autoritaria o sono le solite boutade?
Se per involuzione autoritaria del sistema si deve intendere – come io intendo – una democrazia autoritaria come quella di Erdogan in Turchia, non avrei tale timore. Vedo piuttosto il rischio di un “principato civile”, quale descritto da Machiavelli, di recente persuasivamente richiamato da Maurizio Viroli. Un principato nel quale «uno privato cittadino» (non si dimentichi che Renzi non è stato ancora democraticamente eletto!) «non per scelleratezza o altra intollerabile violenzia, ma con il favore degli altri suoi cittadini diventa principe della sua patria». E Machiavelli aggiungeva: «con astuzia fortunata». Più che una torsione autoritaria, intravvedo un blocco di potere affaristico-finanziario con propaggini piduistiche che, grazie ad una legislazione elettorale “drogata”, potrebbe reggere per anni ed anni, con il favore di una minoranza di elettori, intorno al 30/35 per cento.

Secondo lei siamo al tradimento dei nostri Padri costituenti?
Come nel 1997 e nel 2006 siamo piuttosto in presenza di un tentativo “costituente” che, nella vigenza di un’altra costituzione – nella specie la nostra Costituzione del 1947 – è per definizione “illegale”, secondo l’insegnamento, tuttora valido, del grande Santi Romano. Alla luce della Costituzione vigente, la procedura seguita è infatti viziata sia nella forma sia nella sostanza. Nella forma perché essa è stata introdotta dal Governo (non dal Parlamento) e condotta in una legislatura, la XVII, palesemente delegittimata dalla sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum: una procedura che è stata condizionata dall’indirizzo politico di maggioranza, con sostituzioni di parlamentari in sede referente, con esclusione del relatore di minoranza al Senato, con emendamenti monstrum ecc. È viziata anche nella sostanza perché contravviene manifestamente a due principi supremi della Costituzione, quello della sovranità popolare e quello della ragionevolezza/razionalità (articoli 1 e 3), che non sono derogabili nemmeno con una legge costituzionale, come statuito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1146 del 1988.

Non crede che la vostra battaglia sia conservatrice? Non è giusto rivedere e riformare alcuni punti della Carta Costituzionale? Ad esempio, il bicameralismo in molti Paesi non esiste e la riforma del Senato forse è indispensabile…
Nella mia audizione alla Camera, ho sostenuto che sarebbe stato più logico, anziché conservare questo pseudo bicameralismo, eliminare del tutto il Senato e passare al monocameralismo, a patto però che si prevedessero dei contro-poteri interni, come ad esempio il potere d’inchiesta come diritto delle minoranze, che in Germania esiste sin dal 1919, tranne la parentesi nazista. Ciò premesso, non sono affatto contrario al superamento del bicameralismo paritario, ma non come viene tentato dalla riforma Renzi. Un Senato composto da 100 senatori part-time, per giunta non eletti dal popolo, è una presa in giro che ha risvolti istituzionali gravissimi se, come ho già sottolineato, gli si conferma addirittura la partecipazione all’esercizio della potestà legislativa e di revisione costituzionale.

Va considerato tra l’altro che in Parlamento vi sono deputati e senatori eletti con una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Hanno la legittimità necessaria per modificare la Costituzione?
Ho ripetutamente sostenuto l’illegittimità della XVII legislatura. Devo però spiegarne le ragioni. La Corte costituzionale, pur dichiarando l’incostituzionalità del Porcellum con la sentenza n. 1 del 2014, consentì espressamente alle Camere di continuare ad operare e a legiferare, non però in forza della legge elettorale dichiarata incostituzionale, bensì grazie a un principio fondamentale del nostro ordinamento conosciuto come il «principio di continuità dello Stato». La Corte richiamò a tal riguardo due esempi di applicazione di tale principio: la prorogatio dei poteri delle Camere, a seguito delle nuove elezioni, finché non vengano convocate le nuove (art. 61 Cost.) e la possibilità delle Camere sciolte di essere appositamente convocate per la conversione in legge di decreti legge (art. 77 comma 2 Cost.). Ebbene, in entrambe tali ipotesi, il «principio fondamentale della continuità dello Stato» incontra limiti di tempo assai brevi, non più di tre mesi. Pertanto, ammesso pure che le nuove elezioni non potessero essere indette nei primi mesi del 2014 perché lo scioglimento delle Camere avrebbe portato alle stelle lo spread nei confronti del Bund tedesco, è però del tutto evidente l’azzardo istituzionale, da parte del Premier Renzi e dell’allora Presidente Napolitano, di iniziare una revisione costituzionale di così ampia portata nonostante la dichiarazione d’incostituzionalità del Porcellum, e quindi con un Parlamento delegittimato quanto meno politicamente, se non anche giuridicamente, con parlamentari non eletti ma “nominati” grazie al Porcellum, insicuri di essere rieletti e perciò ricattabili ed esposti alla mercé del migliore offerente.

Renzi ha dichiarato: «Se perderò considero fallita la mia esperienza politica». Di fatto, ha trasformato il referendum in un voto politico sulle sorti del governo. Anche per voi del Comitato è così?
In effetti, il premier ha inteso garantire il successo referendario della sua riforma minacciando le sue dimissioni. Ma i problemi devono essere mantenuti distinti. Dall’angolo visuale della riforma costituzionale la risposta di Renzi è significativa: ha esplicitamente ammesso che la paternità della revisione costituzionale è stata non del Parlamento, come avrebbe dovuto essere, ma del governo. Con tutte le storture procedimentali che ci sono state.

Farete la campagna per il No con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Ciò la imbarazza?
Ci saranno almeno due Comitati elettorali per il No, il che non è contraddittorio perché, pur avendo il centro-destra un’idea diversa di Costituzione, lo scopo immediato è lo stesso del nostro, che è quello di impedire l’entrata in vigore della riforma Renzi-Boschi.

Il No ha veramente possibilità di vincere?
So che è difficilissimo, perché abbiamo pochissime risorse economiche e non abbiamo dalla nostra un guru della comunicazione, come se lo può permettere Renzi. Ma c’è una ragione di fondo: certe battaglie le si devono combattere anche se è difficilissimo vincerle. Le si devono combattere per la nostra “dignità d’uomo”, come diceva Calamandrei, e per dare testimonianza della nostra fede nei principi nei quali crediamo: libertà, eguaglianza, pluralismo, democrazia. E per poter tramandare questi valori ai nostri figli e nipoti.

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Nasce a Ravenna il Comitato provinciale per il NO alla Riforma Costituzionale Boschi-Renzi

Il  Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della Provincia di Ravenna

INVITA

alla

Conferenza stampa

“Nasce a Ravenna il Comitato provinciale per il NO alla Riforma Costituzionale Boschi-Renzi”

 

martedì 26 gennaio

ore 11.30

presso ARCI

Via G. Rasponi 5, Ravenna

Si è costituito anche in provincia di Ravenna il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale (CDC) – da alcuni mesi attivo a livello nazionale -, promosso dai Comitati in Difesa della Costituzione di Bagnacavallo, dal Comitato di Faenza per la valorizzazione e la difesa della Costituzione, dal Comitato in difesa della Costituzione di  Ravenna, da Libertà e Giustizia, circolo di Ravenna, da FIOM e dal Gruppo dello Zuccherificio.

Sarà illustrato alla stampa il calendario delle prossime e imminenti iniziative – in provincia di Ravenna – del Comitato per il NO, promosso da Associazioni e singole/i cittadini.

Il tema, oltre che di grande attualità, merita la massima attenzione da parte della stampa che potrà svolgere il doveroso compito di informazione su temi troppo spesso trascurati o trattati in modo affrettato e non sempre esaustivo.

Vi chiediamo quindi la massima collaborazione e vi aspettiamo.

Vi chiediamo inoltre, per cortesia, di dare conferma della vostra partecipazione alla Conferenza Stampa chiamando il numero 339 7028364.

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della Provincia di Ravenna

Ravenna, 21 gennaio 2016

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Conservatori al potere, il referendum è per il cambiamento – di Gaetano Azzariti

da “il Manifesto” del 19 gennaio 2016
La strategia dei fautori della  riforma è chiara, enunciata senza mezzi  termini dal presidente del Consiglio: «da  una  parte ci saremo noi, il partito del cambiamento, dall’altra loro,  i difensori della casta, e gli italiani non avranno dubbi». Spetta agli oppositori decidere se accettare questo terreno di scontro avversando il nuovo  che  avanza in nome  di nobili principi calpestati, esponendosi però così all’accusa di conservatorismo; oppure valutare se vi siano  le forze  e la voglia  di cambiare registro, giocando la partita referendaria non in difesa, ma all’attacco. In primo  luogo  denunciando l’incapacità della  riforma costituzionale ad affrontare la grave situazione di crisi  dello  Stato costituzionale. Modifiche costituzionali che  risultano inadeguate poiché si pongono in forte continuità con quelle logiche regressive del passato — per  dirla  in sintesi, rafforzamento dell’esecutivo e svalutazione della  rappresentanza — che  ci hanno portato in questa situazione di crisi,  dalla  quale è necessario fuoriuscire.
È una  lotta dunque tra «noi, il partito del cambiamento e loro i difensori della  casta», per  riprendere le espressioni tranchant del Presidente del Consiglio, ovvero, più correttamente, una  battaglia contro i conservatori al potere.

Per  far passare nell’opinione pubblica questo messaggio di verità, nonostante l’evidente sproporzione di forze,  credo sia necessario non farsi  attrarre dalla  politica dell’illusionismo emotivo (fatta di slogan e rissa mediatica), per  provare a riflettere con serietà sui punti di caduta del nostro ordinamento costituzionale, concentrando la nostra attenzione sulle  fragilità della  democrazia contemporanea che  sono  all’origine della  crisi  politica, sociale e morale del paese.
Due le questioni da porre al centro del dibattito. Da un lato,  il tema della  crisi  del ruolo  del parlamento, privato della  sua  essenza e del suo valore; dall’altro, il problema della  rappresentanza politica, svuotata dalla  distanza sempre più preoccupante tra governati e governanti.
La domanda da porre allora è la seguente: la riforma costituzionale riesce ad invertire la rotta, a dare nuovo  impulso alle due  questioni indicate sulle  quali  si regge la democrazia pluralista, oppure Continue reading

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Conferenza stampa del Comitato Per Il No nel Referendum Costituzionale sulla legge Renzi-Boschi

Ai giornalisti accreditati presso il Senato della Repubblica
Il Comitato per il No convoca una conferenza stampa per mercoledi 20 gennaio alle ore 14 nella sala Nassirya del Senato per presentare le ragioni del profondo dissenso dai contenuti delle modifiche della Costituzione contenute nel ddl Renzi-Boschi.
Dissenso rafforzato dal rapporto tra queste modifiche e la recente legge elettorale che mantiene, nella sostanza, gli aspetti negativi di quella precedente e che moltiplica gli aspetti inaccettabili di queste modifiche della Costituzione.
Le ragioni che hanno portato a costituire questo Comitato, che sosterra’ le ragioni del No nella prossima campagna referendaria, verranno illustrate sinteticamente dal Presidente prof. Alessandro Pace.
Il Comitato per il No chiede a tutti i parlamentari, deputati e senatori, che non condividono il ddl Renzi-Boschi di impegnarsi fin d’ora a richiedere l’effettuazione del referendum come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, non appena il ddl sarà approvato in seconda lettura.
Il Comitato e’ determinato comunque a depositare immediatamente dopo l’approvazione in seconda lettura del ddl Renzi-Boschi il testo del quesito referendario, presupposto necessario per avviare, se necessario, la raccolta di almeno 500.000 firme tra gli elettori.
Il Comitato si oppone fermamente al tentativo in atto di alterare i tempi previsti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti per l’effettuazione del referendum oppositivo ex art. 138 Costituzione.
Presiedera’ l’incontro l’avv. Anna Falcone, introdurra’ il prof. Alessandro Pace, Presidente del Comitato per il NO, interverra’ il prof. Massimo Villone Presidente del Comitato per l’abrogazione referendaria di 2 norme della legge elettorale, per ottenere l’abolizione del premio di maggioranza, anche nel ballottaggio, e la garanzia dell’elettivita’ di tutti i deputati.
La partecipazione dei capigruppo e dei Senatori è gradita

per Il Comitato per il No nel referendum costituzionale
Domenico Gallo   Alfiero Grandi
Roma 18/1/2016

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La riforma costituzionale è la madre di tutte le battaglie – Domenico Gallo

Il testo pubblicato è la relazione introduttiva all’assemblea pubblica “Costituzione 1° Bene Comune” organizzata dal Coordinamento per la democrazia costituzionale lunedì 11 gennaio a Roma.

Non sfugge a nessuno l’importanza di questa giornata. Con la votazione di questo pomeriggio alla Camera [11 gennaio 2016, ndr] viene a compimento la prima lettura della riforma costituzionale Boschi Renzi, quindi il testo di questa riforma diventa definitivo, non più contendibile, non più negoziabile.
Questa giornata ci annuncia una cattiva novella: che attraverso una profonda riforma della Costituzione il modello di Repubblica definito dai Padri costituenti è stato decretato obsoleto e mandato in archivio, con grandi espressioni di giubilo da coloro che hanno dichiarato che aspettavano questa riforma da 70 anni.

Per dirla con le parole di Maurizio Viroli, la cattiva novella è questa: “il 2016 consacrerà la fine della Repubblica nata 70 anni fa e il consolidamento del principato renziano. Il regime renziano – precisa Viroli – è un principato perché con l’entrata in vigore dell’Italicum e della riforma costituzionale Renzi avrà sul Parlamento, ridotto ad una sola camera deliberativa (..) un potere di fatto senza limiti. A restringere il potere della maggioranza restano il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, ma sono deboli argini.”

In effetti l’impostazione di fondo che c’è dietro questo progetto di grande riforma (comprensivo della riforma elettorale), non è quello della revisione della Costituzione, ma del suo superamento, cioè dell’abbandono del progetto di democrazia costituzionale prefigurato dai padri costituenti per entrare in un nuovo territorio, dove le decisioni sono più “semplici”, perché, per legge, il governo è attribuito ad un unico partito, sciolto dagli impacci di dover mediare con partiti e partitini di una coalizione; dove il Parlamento è ridotto ad un’unica Camera (che legifera e dà la fiducia, mentre l’altra Camera, il Senato, ha un ruolo sostanzialmente decorativo), sottoposta ad un ferreo controllo da parte Continue reading

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11 gennaio 2016 Costituzione 1° Bene Comune. Una antologia da ricordare

I nuovi  mezzi informatici e telematici consentono di riascoltare direttamente tutto l’intenso pomeriggio di lunedì 11 gennaio, Costituzione 1° Bene Comune,  interamente dedicato alla Costituzione, sia che si ragionasse di riforma costituzionale –  erano in corso nella vicina Camera le votazioni per il compimento della prima lettura – sia che si ragionasse di Italicum e dei numerosi referendum in via di definizione.

Mi limito ad una mia soggettiva “antologia” dei passaggi che più mi hanno colpito, per il linguaggio, la incisività e le forme espressive con cui ci sono stati comunicati, forme che terrò presenti per il duro lavoro che ci aspetta.

Forme che contengono chiavi di lettura e spunti interpretativi, volti in buona misura a rispondere al quesito che si poneva e ci poneva Alessandro Pace.

Come tutto questo è potuto accadere?  In effetti, chi di noi, dieci anni fa – nel 2006 – pensava di avere messo in sicurezza la Costituzione, sottraendola ad aggressioni avventate, non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione analoga, pur in un contesto politico mutato. Dopo solo dieci anni.

Domenico Gallo, nell’intervento di apertura, ha sottolineato che quella in corso non è una revisione, ma un superamento della Costituzione del 1948. Un superamento che, nell’indebolire il ruolo del Parlamento, del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, rafforza la centralità del governo. Chi ha memoria costituente, sa che non era questa l’intenzione dei Costituenti, tutti o quasi.

Alessandro Pace, presidente del Comitato del NO, ha messo al centro della sua riflessione una espressione forte. La riforma di Renzi  diventa un plebiscito truffaldino – dopo di me il diluvio -   perché capovolge il significato della sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale. Di nuovo la governabilità sacrifica la rappresentatività. Una recidiva del malanno Porcellum cassato dalla Corte, che il governo fa in buona misura rivivere con l’Italicum. Incredibile ma vero, il capovolgimento di una sentenza della Corte.

Gaetano Azzariti. Renzi dice: Continue reading

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Di nuovo un lutto. La morte di Sandro Baldini. Amico e medico di Giuseppe Dossetti.

Ho avuto modo di conoscere Sandro Baldini.
Lo ricordo con stima, affetto e rimpianto.
Paola Patuelli

“E’ morto stamattina, giovedì 17 dicembre, nell’ospedale di Bazzano che per tanti anni aveva diretto e dove con immenso amore aveva curato don Giuseppe Dossetti, Sandro Baldini, presidente dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” di Bologna.
I Comitati Dossetti per la Costituzione lo salutano con fervido affetto, ne ricordano la lezione umana, religiosa e politica e si impegnano a continuarne l’opera per salvare la Costituzione.

(r.l.v.) Quando, qualche mese fa, Sandro Baldini mi informò della sua malattia, citò, come credo abbia fatto con altri, il salmo 127, nel versetto che dice “Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra; non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici”. E’ evidente che si tratta di un salmo che gli era familiare, perciò è bene ora leggerlo per intero:

SALMO 127

Canto delle salite. Di Salomone
Se il Signore non costruisce la casa
Invano si affaticano i costruttori.
Se il Signore non vigila sulla città
Invano veglia la sentinella.
Invano vi alzate di buon mattino
e tardi andate a riposare,
voi che mangiate un pane di fatica:
al suo prediletto egli lo darà nel sonno.
Ecco, eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto
del grembo.
Come frecce in mano a un guerriero
sono i figli avuti in giovinezza.
Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri
nemici.

Da questo salmo risulta chiaramente in che cosa e in chi Sandro Baldini aveva fiducia, e certamente qui, nell’abbandono in Dio, c’è tutto il senso della sua vita e l’impronta della sua lunga consuetudine con don Giuseppe Dossetti. Questo non vuol dire che la sentinella non dovesse vegliare sulla città, né che il costruttore non debba ben costruire la casa, né che egli non si alzasse di buon mattino e non faticasse per il pane. Anzi il titolo per cui lo ricordiamo qui è per essere stato una straordinaria sentinella che ha vigilato sulla città, che insieme a Dossetti si è accorto del pericolo mortale che incombeva su di essa per il minacciato stravolgimento della Costituzione, e dopo essere stato con Dossetti tra i primi promotori e animatori dei Comitati per la Costituzione, ha continuato senza sosta a lavorare per avvertire tutti del pericolo che, invece di essere sventato dopo il vittorioso referendum del 2006, è diventato in seguito ancora più insidioso e incombente, fino alla gravissima situazione di oggi. È questa la battaglia che egli ha condotto fino all’ultimo come presidente dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” di Bologna, e tra le sue ultime preoccupazioni c’è stato che si avviasse anche a Bologna il “Comitato per il No” nel previsto futuro referendum contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi; ed è stato grandemente consolato dalla notizia che esso fosse stato felicemente costituito.
La durezza della battaglia in corso, a cui con tanto impegno partecipava, non gli ha mai tolto però la dolcezza del suo tratto e del suo rapporto con gli altri, la serenità e la benevolenza, e anzi la misericordia, della sua testimonianza di vita. Non sentiva nessuno come nemico. Se citava come suo il salmo 124 che allude al rude incontro col nemico, è perché per lui il nemico altro non era che “l’ultimo nemico” che sarà sconfitto, la morte, secondo la  promessa cristiana; ma lui non aveva avuto altri nemici prima di questo, che ora con lucidità sentiva arrivare senza tuttavia opporgli alcuna resistenza o protesta, se non la sicurezza gioiosa che gli veniva dall’avere la faretra piena della moglie e dei figli. Era questa, insieme all’affetto degli amici, la sua risorsa nella difficile trattativa che era alla porta, era questo che lo lasciava tranquillo, che non lo metteva in ansia al dover affrontare l’esigente nemico, di cui sapeva effimera la vittoria.”

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Le camere e l’arbitrio – di Gianni Ferrara

Da il “Manifesto” del 15.12.2015

Le camere e l’arbitrio

di Gianni Ferrara

L’impotenza dimostrata finora dal Parlamento ad eleggere i tre  giudici costituzionali, prima ancora e invece che  deprecata, andrebbe spiegata. Ne risulterebbero le ragioni, se ne scoprirebbero le responsabilità. Si dedurrebbe innanzitutto che  questa elezione non ha precedenti, non per  il ritardo e la difficoltà di scegliere candidati adeguati al tipo e al valore dei giudizi  di costituzionalità, ma per la posta che  è in gioco.  Una posta che  va ben  oltre la valutazione della  conformità a Costituzione di una  legge o di un atto  avente forza  di legge o l’esercizio di un’attribuzione ad uno o ad un altro potere dello  stato o tra Stato e Regioni o tra Regioni. È in gioco  il ruolo  stesso della  Corte, la sua funzione di garanzia effettiva della  Costituzione. È in gioco  la forma  di governo sancita in Costituzione. Continue reading

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