11 gennaio 2016 Costituzione 1° Bene Comune. Una antologia da ricordare

I nuovi  mezzi informatici e telematici consentono di riascoltare direttamente tutto l’intenso pomeriggio di lunedì 11 gennaio, Costituzione 1° Bene Comune,  interamente dedicato alla Costituzione, sia che si ragionasse di riforma costituzionale –  erano in corso nella vicina Camera le votazioni per il compimento della prima lettura – sia che si ragionasse di Italicum e dei numerosi referendum in via di definizione.

Mi limito ad una mia soggettiva “antologia” dei passaggi che più mi hanno colpito, per il linguaggio, la incisività e le forme espressive con cui ci sono stati comunicati, forme che terrò presenti per il duro lavoro che ci aspetta.

Forme che contengono chiavi di lettura e spunti interpretativi, volti in buona misura a rispondere al quesito che si poneva e ci poneva Alessandro Pace.

Come tutto questo è potuto accadere?  In effetti, chi di noi, dieci anni fa – nel 2006 – pensava di avere messo in sicurezza la Costituzione, sottraendola ad aggressioni avventate, non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione analoga, pur in un contesto politico mutato. Dopo solo dieci anni.

Domenico Gallo, nell’intervento di apertura, ha sottolineato che quella in corso non è una revisione, ma un superamento della Costituzione del 1948. Un superamento che, nell’indebolire il ruolo del Parlamento, del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, rafforza la centralità del governo. Chi ha memoria costituente, sa che non era questa l’intenzione dei Costituenti, tutti o quasi.

Alessandro Pace, presidente del Comitato del NO, ha messo al centro della sua riflessione una espressione forte. La riforma di Renzi  diventa un plebiscito truffaldino – dopo di me il diluvio -   perché capovolge il significato della sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale. Di nuovo la governabilità sacrifica la rappresentatività. Una recidiva del malanno Porcellum cassato dalla Corte, che il governo fa in buona misura rivivere con l’Italicum. Incredibile ma vero, il capovolgimento di una sentenza della Corte.

Gaetano Azzariti. Renzi dice: “ Noi siamo il cambiamento, Voi siete la conservazione”. Leopoldo Elia aveva da tempo individuato  una tendenza in atto, a conferma della fragilità della democrazia contemporanea, che aveva definito “fuga dal Parlamento”. In realtà, una fuga da questa Costituzione, fuga che, dice Renzi, aspettiamo da 70 anni. E, per fuggire da questa Costituzione, che mette al centro il Parlamento, il governo propone – cambiamento epocale – di sostituire un bicameralismo perfetto con un bicameralismo confuso, con un ulteriore squilibrio a favore del governo, mortificando così  il Parlamento. Azzariti fa una proposta forte, che condivido. In realtà, dovrebbero essere forze politiche credibili a farla. In assenza, facciamola noi. Altro che conservatori. Se vogliamo rilanciare il Parlamento e sottrarlo alle varie mortificazioni in corso da decenni, è di una unica Camera che ci sarebbe bisogno, con un Parlamento che rappresenta una democrazia pluralista nella sua complessità. Una unica Camera che rafforzi centralità e funzioni del Parlamento per ragioni ben più forti della diminuzione dei costi della politica che un Senato rimpicciolito e – di fatto – non elettivo comporterebbe, e che sarebbe una minuzia rispetto ai tanti costi, materiali e morali, della mala politica.

Felice Besostri insiste sull’importanza del linguaggio. Riforma costituzionale, e riforma elettorale Italicum. Riforma o Deforma? Un definizione da utilizzare spiegando dove stanno gli esiti deformanti da incrociare con gli effetti dell’Italicum, contro il quale Besostri ci è stato guida per le azioni ricorrenti di cui presto sapremo gli esiti.

Lorenza Carlassare insiste sulle Deforme che aumentano lo scollamento fra popolo e istituzioni. Di riforme che rivitalizzino i rapporti fra popolo e rappresentanti ci sarebbe stato bisogno. Bellissima la citazione dal Defensor Pacis ( 1324) di Marsilio da Padova. Le leggi non debbono essere fatte da pochi. Che le leggi siano fatte da molti o da pochi non è di poco conto. Ne escono due diverse forme di Stato. Se le leggi le fanno in pochi, nell’interesse di chi le fanno? E’ questa la Repubblica che si vuole, dove a fare le leggi sono in pochi? E’ questo “il nuovo”, o è un déjà vu di cui la storia italiana è piena? Un’altra importantissima sottolineatura. Negli ingranaggi del sistema nel suo complesso si nascondono le peggiori Deformità. Conti alla mano, nel Deforma di Renzi 600 deputati eleggono 3 giudici della Corte Costituzionale e 100 senatori ne eleggono 2. Un vera Deforma.

Gianni Ferrara mette al centro l’art.3 – non a caso Piero Calamandrei diceva che è il più importante, perché è l’articolo della uguaglianza – in base al quale la rappresentanza, il Parlamento, deve essere lo specchio del paese. Con le Deforme di Renzi questo principio viene rispettato? Anche qui c’è un rovesciamento, che sta diventando una parola chiave – mi pare – per il nostro lavoro futuro.

Il rovesciamento del principio di maggioranza (Italicum). Il premio va a chi non ha la maggioranza. Potrebbe essere anche una esigua minoranza ad avere la maggioranza. E’ questo che – dice Renzi – si aspetta da settanta anni. Penso a chi a suo tempo “ha resistito” consentendo  poi alle donne e agli uomini Costituenti di esistere e di operare. E mi vengono i brividi.

Carlo Smuraglia ha svolto un intervento breve e intenso. Ha parlato a titolo personale, ricordando però una importante iniziativa di ANPI di due anni fa. ANPI fu fra i primi a lanciare un allarme, è “Una questione di democrazia”. Smuraglia è consapevole che la nostra non sarà una battaglia facile. “Farò il possibile perché in questa battaglia ci sia tutta l’ANPI”. Ce lo auguriamo veramente. Se così non fosse, il rovesciamento sarebbe in questo caso assordante.

Stefano Rodotà ci ha dato spunti infiniti per il lavoro futuro, tutti da riascoltare nella videoregistrazione. In estrema sintesi. Nel 2016, il Settantesimo della Repubblica, ci congediamo dalla Costituzione? Un allontanamento cominciato da tempo, un progressivo indebolimento della democrazia. Verso quale democrazia? Democrazia plebiscitaria ( o con me o contro di me)? Investitura e personalizzazione del potere? E’ questo il nuovo? Siamo noi ad alzare i toni se valutiamo essere – di fatto – autoritario il “dopo di me il diluvio? In effetti, si è mai vista una riforma costituzionale – che dovrebbe irrobustire la coesione nazionale – procedere a suon di diktat apocalittici? Forse con De Gaulle nel 1969, ma non andò a finire bene, per lui. Una definizione che Rodotà ha dato della Deforma in corso riassume con densità ammirevole l’intera  questione. E’ una Deforma che consolida in modo oligarchico i ceti dirigenti. Quindi,  quale è il significato primo del nostro Comitato per il NO?

Rilanciare la politica costituzionale e ritornare alle virtù democratiche della Costituzione. Urgenza contemporanea che i Costituenti approverebbero incondizionatamente. Virtù democratiche.

Inoltre. Non siamo pessimisti, ma allarmati, si.

Massimo Villone, presidente del Comitato per il SI abrogativo dell’Italicum, ci fornisce un’altra sintetica ed efficace definizione. L’Italicum? E’ incostituzionale perché introduce la normalità di governi a vocazione minoritaria. Visto che il maggioritario è in crisi e il bipolarismo non c’è più, governi minoritari diventano norma. Un passo avanti? Un governo che trasforma i referendum, che dovrebbero essere la strada più lineare per una libera partecipazione popolare,  in un voto di fiducia per un governo e il suo capo – se siete contro di me è il caos – è un passo in avanti? La Costituzione trattata come un decreto legge su cui si chiede la fiducia? I Costituenti di un tempo rabbrividiscono.

Gustavo Zagrebelsky ci ha inviato una nota altrettanto densa di indicazioni efficaci. Le Deforme del governo quale visione della politica contengono? Sono una semplice razionalizzazione e sveltimento, una neutra faccenda di ingegneria costituzionale o sono una politica? La drammatizzazione e l’accanimento di Renzi ha dietro un non detto, che è nostro compito dire e spiegare. Di nuovo, ci troviamo di fronte a un ribaltamento. Dalla democrazia parlamentare alla democrazia esecutiva di una tecnocrazia oligarchica. In pochi vanno a votare? Cosa importa, l’importante è vincere. Questo noi – cittadine e cittadini emiliano romagnoli – ci siamo sentiti dire dopo il 37%  di votanti nelle recenti elezioni regionali. In Emilia Romagna! Si annuncia quindi come buona novella una modernità precostituzionale. Avanti o indietro? Un rovesciamento della piramide voluta dalla Costituzione. Dalla democrazia dalle larghe basi a un regime guidato dall’alto. Questo è il non detto da dire. Chi ci chiede questo ribaltamento? Lo chiede l’Europa? Lo chiede il mondo? Quale mondo? Quello della finanza e del mercato, risponde Zagrebelsky.

Questa “antologia” diventerà il mio vademecum per i mesi a venire.

Rovesciamento. Ribaltamento. Capovolgimento. Che abbiamo il dovere di contrastare. E – auspicio grande – il compito di fermare.

Maria Paola Patuelli
Comitato in Difesa della Costituzione di Ravenna
14 gennaio 2016

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