Care amiche e cari amici delle associazioni e comitati ai quali appartengo, l’esperienza che sto facendo con gli homeless mi ha suggerito- meglio dire che ne ho sentito il bisogno- di stendere alcune riflessioni, che sono state pubblicate nell’ultimo numero di Ravenna&Dintorni (integralmente nel loro sito). Lo invio con il titolo che avevo proposto, e che non è stato mantenuto. Si è preferito mettere nel titolo un riferimento alla Ravenna “gentile”. E’ la conferma che i corpi non trovano facilmente spazio nel discorso civile e politico. Vale la pena insistere. Paola

Prima di tutto i corpi, senza i quali parlare di umana dignità non trova “luogo”

Ravenna & Dintorni da tempo svolge una azione a mio avviso molto intensa e importante non solo di informazione, ma di vero e proprio spazio pubblico aperto alle varie voci che animano la città, civili e associative, politiche “in senso stretto”, istituzionali. Un tempo la politica abitava solo o prevalentemente nei partiti e, attraverso di loro, nelle Istituzioni e questa era una specificità tutta italiana. Nella nostra storia l’autonomia associativa “civica” è sempre stata debole. Le ragioni storiche vengono da lontano, e non c’è spazio per approfondirle. Invece nella tradizione anglosassone, e non solo, la robustezza della società civile precede lo sbocco istituzionale, lo innerva. In Italia la ricchezza associativa ha una storia grande e ricca in ambito assistenziale o caritatevole, e, recentemente, in ambito culturale. In ambito civile si sta diffondendo in questi ultimi anni. Il fenomeno è visibile anche nella nostra città. E’ auspicabile che si estenda ulteriormente e si irrobustisca. Non ritengo che la società civile sia di per sé buona. Ma lo è spesso – anche se a volte in modo accidentato, come accade quando si percorrono strade nuove e sconosciute – quando si occupa di ciò che è comune e non solo del proprio “particulare”. E di ciò che riguarda la città in cui si vive. Uno dei più recenti movimenti nato in città ha assunto il nome “Rompere il silenzio”. Cittadine e cittadini di varia e diversa storia si sono ritrovati mossi dall’ultima emergenza, la nuova povertà che si assomma alla vecchia povertà. La nuova povertà e la recente e spesso “disperata” immigrazione. Disperata e piena di speranza, a proposito delle contraddizioni del nostro tempo; simile comunque al tempo in cui milioni di italiani, disperati e pieni di speranza, raggiungevano le Americhe. L’esperienza che sto facendo mi rafforza in una convinzione. E’ necessario, direi urgente, pensare politicamente e al tempo stesso sperimentare pratiche, tenendo quindi insieme le due sfere, troppo spesso distinte, non comunicanti, a volte diffidenti l’una dell’altra. E le pratiche che stiamo facendo mi suggeriscono alcune riflessioni che trasmetto a voi di Ravenna & Dintorni, perché vi sono grata per quello che anche voi state praticando, una informazione libera e senza rete. La mia riflessione è partita dai corpi inediti che stanno abitando le nostre città. La crisi che stiamo vivendo ci metterà sempre più di fronte a donne e uomini che ci chiedono di partire dai loro corpi. Nelle nostre società fino a poco tempo fa opulente sembrava che la centralità del corpo riguardasse solo la sfera estetica o salutistica, e ciò che ne era escluso era in vari modi rimosso. Da tempo, invece, le nostre strade accolgono donne e uomini, di altri mondi e nativi, che non è più possibile rimuovere. Corpi diversi dai nostri perché segnati dalla povertà o da differenti storie. E non è solo una questione di paesaggio. E’ una grande questione che mette a prova la nostra cultura, quella della fratellanza, invocata prima dai Vangeli e, con un percorso lungo e tortuoso, dalla cultura della universalità dei diritti umani, che precedono- oggi è acquisizione indiscussa- quelli di cittadinanza. Anzi, freddo e fame ci dicono chiaramente che la nuova cittadinanza universale ha a che fare con l’essere umani, che non sopravvivono se non alle condizioni che garantiscono la vita. I corpi sono immediatamente democratici, perché sopravvivono tutti solo a certe eguali condizioni. In attesa quindi di soluzioni permanenti e di lungo periodo, credo sia giusto chiedere a tutta la città uno scatto per contrastare il gelo, e non solo. Il Comune e l’Asp hanno deciso di aprire la sala d’aspetto della Stazione. Decisone importante, che “Rompiamo il silenzio” chiedeva da tempo, e da prolungare fino a quando l’emergenza continua. Ma l’emergenza non è solo la neve e il gelo. C’è una emergenza che viene di lontano e che sarà di lungo periodo. Si possono aprire temporaneamente edifici non occupati? Possono, singoli proprietari, mettere a disposizione dell’ASP, che dà le dovute garanzie, case ad affitti non di mercato, per accogliere famiglie sfrattate o che non trovano una casa a costi per loro sostenibili? L’ASP, tempo fa, ha fatto un appello in tal senso, che mi auguro sarà accolto. E’ possibile, come altre volte nella storia solidale e cooperativistica di Ravenna, appellarsi all’anima “gentile” che, per esempio, i “lampedusani” tengono in esercizio da anni? E’ possibile che l’ente pubblico crei un sistema di sostegno solidale che chiami in causa, in modo non estemporaneo, chi può permanentemente destinare risorse al nuovo welfare, per esempio il sistema delle imprese, e non solo di quelle cooperative? Nelle ultime due sedute della commissione servizi sociali del Comune di Ravenna vi è stato un interessante confronto su questi temi, con toni civili e costruttivi, un vero scambio di informazioni e proposte, fra istituzioni, forze politiche, volontariato religioso e volontariato civico. Se la politica, nelle istituzioni, ritrova questa misura, “il primato della realtà sul racconto della realtà”, le inevitabili differenze di orientamento assumeranno le forme, che dovrebbero essere normali, del pluralismo e non dello scoop polemico o, peggio, della strumentalizzazione dei “corpi degli altri”. L’esperienza che sto facendo nella rete “Rompere il silenzio” mi fa pensare che sia possibile avere con l’ente pubblico – e contemporaneamente – un duplice rapporto. Di richiesta che l’emergenza si trasformi in politiche innovative e continuative in una realtà dove quella che un tempo si pensava fosse emergenza sarà, almeno per lungo tempo, la nuova normalità, anche con valutazioni critiche, laddove si vedano azioni non convincenti, come è stato, almeno dal mio punto di vista, l’avere associato “emigrazione e sicurezza”, e l’operazione “tende”, nei termini e nei modi che abbiamo visto. Senza dubbio Mistral sta facendo del suo meglio, non è in discussione questo. Come non è in discussione il ruolo che sta svolgendo l’assessora Giovanna Piaia, che sta affrontando con abnegazione e passione questa continua emergenza, una amministratrice con spirito “volontario”, di competenza, impegno e capacità fuori dal comune. Mi ha colpito, ma non stupito, che la prima sera, in stazione, a proposito di corpi, Giovanna li abbia accolti e aiutati in prima persona, persona fra persone. E che contini a farlo ogni sera. A proposito di calore umano, Piaia ne ha, e molto. Come Carla Soprani, che conduce il dormitorio “il Re di Girgenti”, dell’ASP, in modo esemplare, aiutata da una eccellente rete di operatori e volontari. D’accordo con ASP, anche la nostra Rete si è messa a disposizione di Carla, per la raccolta di indumenti e per lavoro volontario al dormitorio. Per quanto mi riguarda, il dormitorio si sta rivelando una scuola che mi consente di tenere assieme riflessione politica, etica ed esperienza. Abbiamo seguito le indicazioni di Carla e attivato una nostra rete che si aggiunge a quella che Caritas, protezione civile, dormitorio di San Rocco, Punto di ascolto dei Cappuccini e il Tavolo delle povertà tengono in piedi ed attiva da anni. I primi riscontri: si sono attivati prendendo contatto con noi Federazione delle Cooperative, Linea Rosa, Udi, Comitato per la Legalità e la Democrazia, Comitato in Difesa della Costituzione, associazione amici del Mozambico e, da quando “il Resto del Carlino” ha pubblicato il nostro invito, molte cittadine e cittadini che stanno dando una mano consistente. Perché c’è veramente molto lavoro da fare. Esiste, eccome, una Ravenna “gentile” e solidale, ben più ampia e radicata della Ravenna xenofoba che raccoglie firme per spostare tende, per non avere turbamenti “visivi”. Il problema, ancora una volta, è darle voce, spazio, fiducia. Maria Paola Patuelli Ravenna, 7 febbraio 2012

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