La proposta di abolire le feste civili, con la motivazione della crisi economica, è, a nostro avviso, nella sfera delle cose impossibili. La prima reazione, alla notizia, è stata di indignazione, nel significato che Stéphane Hessel ha dato al suo appello ai giovani francesi, nel 2010, Indignes-vous!, appello che sta dilagando in Europa e che è, forse, alla base degli indignados, i giovani spagnoli che vogliono salvaguardare il loro futuro. Hessel, novantatreenne, resistente con De Gaulle a suo tempo, chiama i giovani a una nuova resistenza, perché tutte le conquiste democratiche contenute nei programmi delle democrazie europee dopo la seconda guerra mondiale, come nella Costituzione della nostra Repubblica, sembrano compromesse in modo grave. Il segno drammatico di questo pericolo, in Italia, è un governo incapace di prevedere gli effetti devastanti di un modello di sviluppo che non ha al centro il bene della Repubblica, incapace inoltre di arginarne gli effetti, e che pensa di contrastarlo con l’abolizione delle feste civili, misura, a detta di tutti, antieconomica. E’ evidente, allora, la valenza simbolica in negativo di questa proposta. Sono “quelle date” che disturbano. Non è la prima volta che sentiamo della volontà di abolire il 25 aprile. Ora si aggiunge il primo maggio, e in una Repubblica, dice la nostra Costituzione, fondata sul lavoro, e il 2 giugno, che ci ricorda la scelta della forma repubblicana, una res publica che dovrebbe essere basata sulla uguaglianza e non sul privilegio. Forse chi ci governa non sa che il sacro non abita solo nelle cose religiose. Il sacro indica prima di tutto limiti insuperabili, “cose” che non si toccano, tanto hanno valore. Sappiano i nostri governanti, che per più della metà, se non per quasi tutto, il popolo italiano, queste tre feste civili sono sacre, intoccabili. Ci aspettiamo, su questo, certamente non unico aspetto della devastazione civile in atto, una opposizione intransigente, nel paese e in Parlamento. Per questa ragione I Comitati in Difesa della Costituzione della Provincia di Ravenna sostengono con piena convinzione l’appello di Balzani, Casadei, Mattarelli, Ridolfi. Non a caso è un allarme che viene da quattro eminenti figure degli studi storici del nostro paese, consapevoli dell’importanza dei simboli e di quanto, nella nostra precaria Repubblica, il simbolo civile sia da tenere fermo perché indisponibile ad ogni aggressione. Invitiamo le cittadine e i cittadini della Repubblica a sottoscrivere l’appello http://soppressionefestecivili.blogspot.com/ I Comitati in Difesa della Costituzione della Provincia di Ravenna Sabato 20 agosto 2011
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