Riflessioni, dopo la serata ravennate di Tomaso Montanari – di Maria Paola Patuelli

OPINIONE
Abbiamo una urgenza: imparare a dire che il re è nudo.
Per esempio: “Perché lo Sblocca Italia è una minaccia per la democrazia e per il nostro futuro”.
Riflessioni, dopo la serata ravennate di Tomaso Montanari

E’ questa, in grande sintesi, la lezione uscita dal recente percorso “Sblocca Italia o Rottama Italia?”, che movimenti di cittadinanza attiva – che da tempo agiscono a Ravenna – hanno proposto alla città.
Imparare a dire che il re è nudo.
Abbiamo avuto una bussola, il recente libro – opera collettiva coordinata da Tomaso Montanari, edito da Altreconomia – “Rottama Italia”, che studia contenuti e “filosofia” del decreto “Sblocca Italia”, velocemente convertito in legge. Abbiamo, bussola in mano, studiato il nesso fra “Sblocca Italia” e alcune ricadute assai preoccupanti già in essere nel territorio ravennate.
Queste le tracce seguite.
“Viaggio al termine dei rifiuti”, con una interessante comparazione fra Ravenna e Forlì- che sta elaborando una innovativa forma di gestione diretta della raccolta -  per quanto riguarda due diverse modalità di gestione dei rifiuti del due comuni romagnoli; “Le mani sulla città”,  e gli effetti dirompenti che da decenni ha nelle città l’urbanistica al servizio dei privati, con la partecipazione di Maria Pia Guermandi, una delle autrici di “Rottama Italia”( anche a Ravenna gli esempi negativi sono numerosi); e, per finire,  “Territorio, energia, trivellazioni”, una questione di vera e “storica” emergenza nel territorio ravennate.
In un quarto incontro abbiamo tirato le fila con Tomaso Montanari. Era previsto un suo  dialogo con Roberta De Monticelli, alla fine impedita per un improvviso improrogabile impegno accademico. Il dialogo però non è mancato, perché De Monticelli ha inviato domande che sono state discusse nel corso dell’incontro.
Un incontro partecipato. Molta discussione. Nel pieno di Ravenna Festival. Non era scontato.
La lezione civile di Tomaso Montanari quale è stata?
Intanto, un incoraggiamento. Il nostro impegno – che non a caso ha al centro un obiettivo molto alto, l’articolo 3 della Costituzione, l’articolo della uguaglianza – è di quelli di lunga durata. Il risultato lo vedremo? Se, per esempio, l’obiettivo è “il consumo di suolo zero”, come recita un recente libro di Domenico Finiguerra, è evidente che la strada è lunga. Quello che dobbiamo darci, quindi, è il metodo del passo lento, ritrovando la civiltà della lentezza “durevole”, in controtendenza rispetto alla retorica della velocità che, in realtà, divora territorio, vite e diritti delle persone. Con l’auspicio che il consumo del territorio non si arresti solo perché “ i soldi sono finiti”, ma per scelte politiche consapevoli.
Quindi, procediamo con calma, giorno dopo giorno.
Alcuni riferimenti storici proposti da Tomaso Montanari sono esemplari, e da proporre come argomenti forti. Il dibattito avvenuto nella Costituente, nei mesi straordinari – unici nella storia italiana – in cui la Costituzione è stata pensata e scritta, fu di altissimo livello. L’articolo 9, che fa dell’ambiente, del territorio, del paesaggio, un bene comune che appartiene al popolo nella sua indiscutibile sovranità – articolo 1 -  purché esercitata nei limiti che la Costituzione pone, vide direttamente impegnata l’intelligenza colta di Concetto Marchesi, Lelio Basso, Aldo Moro, Giorgio La Pira. Per non parlare dei Costituenti “ombra”, come, esempi luminosi, Ranuccio Bianchi Bandinelli e Roberto Longhi. Intelligenza colta, appunto, che sa essere non elitaria, come raccomandava Roberto Longhi. “Dobbiamo essere popolari, usare una lingua come quella dei bambini”. Una semplicità che non si improvvisa. Come quella che seppe usare a suo tempo Pier Paolo Pasolini, che per primo si accorse che le lucciole stavano scomparendo. E seppe dirlo, seppe farsi ascoltare. Non fu abbastanza ascoltato, non per sua responsabilità.
Un altro interessante riferimento fatto da Tomaso Montanari, è stato al giurista napoletano Gerardo Marotta, grande intellettuale che ha fondato nel 1975 l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dato vita ad una preziosa Biblioteca – unica nel suo genere – di 300 mila volumi. Il lavoro intellettuale di Marotta è conosciuto e apprezzato nel mondo, e trascurato in Italia. Un motto di Marotta mi riporta a Gramsci, che si esprime quasi nello stesso modo. “La rivoluzione si fa studiando”. E’ questa la più sovversiva delle strade. Una rivoluzione che si fonda sulla conoscenza. Purché sia conoscenza “onesta” e non propaganda. Quale è quindi – per la parte di mondo civile che vuole svolgere una funzione di conoscenza e analisi  critica di ciò che ci circonda – il compito principale? Leggere, studiare, capire. Questo nessuno può impedirci di farlo e, se non lo facciamo, la responsabilità è nostra, non è delegabile.
I trenta intellettuali che, con Tomaso Montanari, hanno scritto “Rottama Italia”, stanno svolgendo la stessa funzione – pur in un contesto del tutto mutato, e decisamente peggiorato – dei Costituenti, a suo tempo, e di Pier Paolo Pasolini, poi. “Io so, ma non ho le prove”, scrisse Pasolini, un anno prima della sua fine. Non ho le prove, ma sono un intellettuale, e collego, connetto, interpreto.
In realtà- in molti dei casi presi in esame nel “Rottama Italia” – ci sono anche le prove.
Lo “Sblocca Italia” è inquietante se lo guardiamo da vicino, e con occhio storico. Un governo che ha fatto del “nuovismo” una bandiera ha prodotto con lo “Sblocca Italia” un terribile ritorno al passato, il ritorno al peggio di decenni di territorio divorato, di cemento che ha distrutto coste, di autostrade sparse a piene mani, e di consumo di suolo a ritmi degni di  miglior causa. Dagli anni Sessanta ad oggi si è costruito con una media di 8 metri quadri al secondo. Ecco un parlare documentato e chiaro.
Come le informazioni che l’ingegnere Mentino Preti ci ha dato in merito alla subsidenza nel ravennate. Negli ultimi duemila anni la subsidenza ha avuto il ritmo di un metro ogni mille anni. Chi visita la basilica di San Francesco, la chiesa frequentata da Dante a Ravenna – anche per questo molto cara ai ravennati – può vedere, nella cripta,  quanto consistente sia stato l’abbassamento del suolo. Un metro ogni mille anni. E un metro negli ultimi sessanta anni. Un dato terrificante. Estrazione di metano continua. Nesso causale diretto, dicono gli scienziati, dati alla mano. Un altro parlare documentato e chiaro.
Nel 1944, pochi mesi prima di essere fucilato dai tedeschi della Gestapo perché “resistente” ed ebreo, March Bloch scrisse “Apologia della storia”. Montanari lo ha ricordato con emozione. A cosa serve la storia? La storia non è la scienza del passato, bensì è la storia degli uomini nel tempo. Questo il testamento di Bloch.  Un altro grande storico – Pirenne – affermò  “sono uno storico perché amo la vita”. Ma nelle età della menzogna – difficile negare che anche nella nostra età la menzogna  goda di robusta salute – la storia affrontata con metodo critico disturba. Come ai tempi di Bloch.
Per queste e tante altre ragioni che saranno chiare a chi si avvicina al libro “Rottama Italia”e lo fa suo, le associazioni ravennati che hanno promosso il precorso di studio e approfondimento critico – il Comitato in Difesa della Costituzione, il Comitato per la Legalità e la Democrazia, Libertà e Giustizia, circolo di Ravenna, Legambiente, circolo Matelda – hanno deciso di mantenere viva la collaborazione fra le associazioni, a livello locale, e il prezioso contatto con Altreconomia e con gli intellettuali del “Rottama Italia”.
Perché vale la pena fare, ognuna/o, la propria parte. Concetto sul quale Tomaso Montanari insiste ripetutamente.  Denunciare, in  modo documentato e rigoroso, ciò che non va. Connettere in una rete civile sempre più fitta le varie forme di “resistenza” costituzionalmente orientata. Con il linguaggio dei bambini. Se a un bambino si mostra un uomo nudo – i re non sono a portata di mano – e gli si chiede di descriverlo, il bambino, forse all’inizio stupito, dirà che quell’uomo è nudo.
Di questa forza, semplice e difficile, dovremo diventare capaci, scrollandoci dalle spalle i tanti pesi che ci hanno piegato e, troppo spesso, reso miopi.

Maria Paola Patuelli
Ravenna, 25 giugno 2015

 

 

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