La riforma costituzionale orfana del Nazareno – Alessandro Messina

Le riforme costituzionali ed elettorale dopo la rottura del patto del Nazareno

Trascorsa una settimana dopo le aspre battaglie parlamentari condotte alla Camera dei Deputati, culminate con il rifiuto da parte di tutte le opposizioni di partecipare alle votazioni sugli emendamenti alla riforma costituzionale [1] è il momento per analizzare quanto è accaduto e quali conseguenze ne derivano.
1)      Con la rottura del patto del Nazareno[2] il valore delle riforme costituzionali in corso di approvazione si precisa.
2)      Il contenuto della legge elettorale e della riforma della forma di governo e del bicameralismo non sono dovuti a “cedimenti” di Renzi[3] per ottenere il consenso di Berlusconi, ma vanno interamente attribuiti al Partito democratico: infatti nessuna modifica viene ritenuta possibile dal Capo del Governo, anche ora che il “Patto” è venuto meno.
3)      Il ritornello “le riforme elettorali e costituzionali vanno fatte insieme all’opposizione” cade totalmente nel momento in cui, venuto meno il patto del Nazareno, Renzi proclama: “Andiamo avanti da soli!” e non ricerca nemmeno nuove alleanze. Su questo punto due annotazioni:

  1. La maggioranza con la quale Renzi pensa di poter approvare la riforma costituzionale (la metà+1 dei voti in Parlamento) è dovuta ad un premio di maggioranza ottenuto alle politiche del 2013 dal Partito Democratico[4] grazie all’alleanza con SEL, venuta subito meno (quindi il premio è abusivo) a causa della decisione del Pd di Letta di allearsi con Berlusconi ed il rifiuto di Vendola a seguirli per quella strada, ed è fortemente colpita nella sua legittimità dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale quella legge elettorale (il Porcellum) proprio su quel punto. Insomma una maggioranza doppiamente abusiva!
  2. La maggioranza con la quale Renzi pensa di poter approvare la riforma costituzionale (la metà+1 dei voti in Parlamento) è dovuta alla campagna acquisti con la quale il segretario del Pd nonché capo del Governo ha saputo cooptare nel Pd prima i fuoriusciti di SEL[5] poi i naufraghi di Scelta civica[6], infine l’armata Brancaleone del Gal[7].
    Bene, questo fenomeno si chiama trasformismo. Renzi intende cambiare le regole del gioco non con la maggioranza del Parlamento (già di per sé assai poco legittimato a farlo dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum), ma con manovre trasformistiche da legittimare poi con un plebiscito (anche se la Costituzione parla di referendum) non sulle riforme ma sulla sua persona e sul suo comando[8]

4)      Una delle conseguenze di questo atteggiamento (“Andiamo avanti da soli”) cioè approvare la modifica della Costituzione con una maggioranza parlamentare che è minoranza numerica, è che tutti i “mea culpa” del Pd degli ultimi 10 anni (Renzi compreso) sulla riforma del titolo V sono stati falsità, che tutte le giustificazioni per l’alleanza con Berlusconi (necessaria perché le riforme si devono fare insieme alle opposizioni[9] erano un inganno per la pubblica opinione.
La verità sembra essere, invece, che l’alleanza con il centro-destra era ed è funzionale ad un progetto politico (chiamiamolo, per intenderci, il partito della nazione) ed a questo punto Renzi pensa di poter fare a meno dell’ex cavaliere e Berlusconi si è convinto (vicenda Mattarella docet) che alla fine verrà fregato!

In sostanza è cambiata anche la legittimazione costituzionale di questa riforma
Quello che resta sul campo è una riforma che viene fatta da una minoranza parlamentare, senza alcun mandato popolare, con il dichiarato intento di una legittimazione a posteriori con un plebiscito. Direi esattamente un progetto neogollista[10].

Il metodo adottato per l’approvazione delle riforme costituzionali ed elettorale
Se è vero che il metodo è quantomeno un legittimo criterio per valutare l’uso che si farà delle nuove norme costituzionali i timori di un autoritarismo strisciante sono giustificati dall’iter legislativo assolutamente anomalo della riforma costituzionale e di quella elettorale.
Che cosa dice in proposito la Costituzione vigente? Così dispone l’art.72 4 comma:
“La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e …….”

Vediamo come sono andate invece le cose:
- Il disegno di legge è stato di iniziativa governativa, cosa del tutto anomala in un campo di esclusiva competenza parlamentare.
- Sono stati sostituiti i membri del Pd nella Commissione affari costituzionali del Senato perché in dissenso con la maggioranza del loro partito.
- I tempi della discussione sono sempre stati contingentati, al di fuori di ogni necessaria scadenza, nonostante che il progetto abbia anche “riposato” alcuni mesi nel passaggio da Senato a Camera, prima ancora di qualunque pratica ostruzionistica delle opposizioni.
- Per combattere l’ostruzionismo sono stati utilizzati tutti gli strumenti offerti dai regolamenti parlamentari, inventadosene anche dei nuovi come il canguro e la tagliola, mai usati in occasione di riforme costituzionali.
- Nell’ultimo passaggio alla Camera è stata anche adottata la cosiddetta “seduta-fiume” che tutto è fuorché una procedura normale.
- Nel calcolo della maggioranza necessaria è stato largamente e strategicamente utilizzato l’escamotage dei deputati in missione.
- Durante l’intero iter della riforma costituzionale non è mai stato accolto nemmeno 1 emendamento sostanziale proposto dalle opposizioni.
Se questa è una “procedura normale”tremo al pensiero di quale uso farà il governo dei maggiori poteri che questa riforma gli attribuisce.

Le novità introdotte dalla lettura della Camera dei Deputati.
Elenco le più importanti novità secondo le parole di Emanuele Fiano relatore unico della riforma alla Camera:

“… è stato modificato il quorum finale per elezione del presidente della Repubblica che sarà di tre quinti alla quinta votazione.”

Si tratta di una modifica positiva ma non risolutiva: lo scopo, giusto, sarebbe quello di evitare che, con una legge elettorale come l’Italicum, chi ha vinto le elezioni possa eleggersi anche il Presidente della Repubblica[11].

Modificata anche la richiesta del governo di avere una corsia preferenziale per le proprie proposte di legge con voto bloccato e a data certa, eliminando il voto bloccato.

Si tratta di un emendamento importante, perché il voto bloccato finiva chiaramente per modificare del tutto la forma di governo spostando di fatto la funzione legislativa dal parlamento al Governo. Rimane tuttavia la corsia preferenziale per i disegni di legge del governo senza che alla sua scelta di considerare “… un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo … “si ponga alcun limite[12]

Abbiamo riportato alle Camere riunite l’elezione dei membri della Consulta.

Anche questa è una modifica positiva che corregge una delle più gravi sgrammaticature del testo approvato dal Senato[13]:

Al Senato è stata introdotta per la prima volta la possibilità del sindacato preventivo di costituzionalità per le leggi elettorali. In esame c’è [ndr: è stata approvata] la norma transitoria per applicare il sindacato preventivo anche all’Italicum.

Come dice lo stesso Fiano non è una novità stabilita dalla Camera. L’unica vera novità è il sindacato preventivo esteso all’Italicum. La dice lunga sulla coda di paglia della maggioranza rispetto alla legittimità costituzionale di questa nuova legge elettorale! Sul sindacato preventivo di costituzionalità, una novità assoluta per l’ordinamento costituzionale italiano, credo andrebbe fatta un’analisi approfondita tenendo conto dei pareri di illustri costituzionalisti.
Infine va osservato che a fronte della corsia preferenziale per i disegni di legge del governo definiti “essenziali”, contrariamente a quanto affermato ripetutamente dalla ministro Boschi non è presente alcun vero limite al potere del Governo di decretazione d’urgenza. I limiti introdotti testualmente (il 5 comma dell’art.72) riguardano leggi (come quelle costituzionali o elettorali) che già ora erano con assoluta certezza al di fuori del potere del governo di emanare decreti legge!
Fiano non cita la nuova maggioranza prevista per la dichiarazione dello stato di guerra. Fa bene perché la modifica è ridicola. Dunque si passa dal sistema attuale dove la deliberazione deve essere fatta da ciascuna delle due camere elettive alla previsione della maggioranza assoluta per la deliberazione da parte della sola Camera dei Deputati. Considerando che l’Italicum regala 340 deputati al primo partito, non c’è invero nessuna novità: chi ha ottenuto più del 40% dei voti al primo turno o anche molto meno ma vince al 2° turno può, da solo, trascinare il paese in guerra.
19 febbraio 2015
Alessandro Messina


[1] Questo atteggiamento è stato prontamente definito “Aventino” dalla stampa nazionale. Com’è noto si trattò della decisione delle opposizioni democratiche di non partecipare, alle attività del parlamento dopo il delitto Matteotti, in quanto fu loro impedito di replicare alle dichiarazioni di Mussolini dopo il delitto. Gli Aventiniani, gran parte, ma non tutte le opposizioni, si riunirono da allora in una sala di Montecitorio. Furono poi dichiarati decaduti da deputati e si consolidò lo stato fascista autoritario con l’emanazione delle leggi fascistissime. Le analogie con il presente sono davvero poche, perché l’astensione dei lavori ha riguardato le sole votazioni sulla riforma costituzionale, sulla quale il governo Renzi aveva impedito l’approvazione di qualunque modifica da esso non proposta, ma il riferimento della stampa serve comunque a screditare le opposizioni, dato che una certa vulgata storiografica considera fallimentare il bilancio politico della secessione dell’Aventino.
[2] Si conferma, in ogni caso che il patto non aveva punti ben chiari nel suo testo, ma si configurava come una vera e propria alleanza politica fra Renzi e Berlusconi, da tenere nascosta all’opinione pubblica come tale, con la scusa di una accordo limitato alle riforme costituzionali.
[3]
Viene così radicalmente smentita la posizione di una parte della sinistra del PD.
[4]
25,4% dei voti validi; il 18,4% circa degli elettori aventi diritto
[5]
Una domanda mi sorge spontanea: come fanno a dire che sono fedeli ai loro elettori nel momento in cui votano questa riforma costituzionale?
[6]
Con grande “civismo” su chiamata del Pd sono usciti dal loro ex-partito due giorni prima del congresso senza discuterne con nessuno!
[7]
Che cosa diavolo è il Gal se non una pattuglia di “responsabili” buoni per qualunque impresa purché garantisca loro il posto in Parlamento fino al 2018?
[8]
Dal discorso di Renzi del 10 febbraio 2015 all’inaugurazione dell’anno accademico della scuola ufficiali dei Carabinieri a Roma “La parola comando è vista con preoccupazione nel nostro Paese. L’idea spesso è che ci sia un retropensiero. Ma il comando è un servizio e deve avere un termine: è un servizio al Paese.
[9]
L’ultima dichiarazione testuale è della ministro Boschi.
[10]
Dato che nel Pd renziano molti non considerano “autoritaria” la svolta gollista del 1958 forse accetteranno più facilmente questa definizione piuttosto che quella di Zabrebelsky ed altri “professoroni”cfr:l’appello “Verso la svolta autoritaria”
[11]
Facciamo un po’ di conti: 340 deputati sono sicuri grazie al premio di maggioranza, a questi si devono sommare i senatori: secondo i calcoli di Forza Italia col sistema di nomina dei senatori, previsto dalla riforma, attualmente il Pd avrebbe dal 50 al 75% dei senatori cioè da 50 a 75 senatori, quindi una maggioranza nel parlamento in seduta comune che va dai 390 ai 415 voti. I tre quinti di 730 sono 438. tenuto conto che “Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti” (e non dei componenti) non sarà necessario un accordo politico significativo con l’opposizione, ma basterà una pattuglia di una trentina fra deputati e senatori. Certo, la Costituzione attuale dopo la quarta votazione prevede soltanto la maggioranza assoluta, ma va sottolineato che era stata scritta pensando a leggi elettorali proporzionali, senza premi di maggioranza, che i senatori erano eletti a suffragio universale e non nominati da ristrettissime assemblee di politici (consiglieri regionali e sindaci), che la platea degli elettori, più di mille, era allargata anche ai rappresentanti delle regioni.
[12]
quale potrebbe essere lo stabilire un numero massimo di ddl, oppure il ricorso delle opposizioni alla Corte Cost., o anche solo una valutazione di garanzia da parte del Presidente della Camera.
[13]
Secondo quel testo due giudici della Corte Costituzionale sarebbero stati eletti da una ristretta assemblea di nominati (il Senato) dove l’opposizione rischia di non essere rappresentata o clamorosamente sottorappresentata.

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