Un 25 aprile molto amaro

OPINIONE

Un 25 aprile molto amaro

La dura verità di Barbara Spinelli e Maurizio Viroli

Ricordando Teresa Mattei e Oscar Luigi Scalfaro

Per qualche settimana ho visto l’Italia da lontano. Mi auguravo di ritrovarla, al rientro, paese migliore di prima.

Non è così.

E’ doloroso dirlo in questo 25 aprile, che trova la Repubblica lontana come non mai dalla Costituzione, unico frutto veramente buono della Liberazione.

Ho appena ascoltato Giovanni De Luna. Ha detto che gli anni della Liberazione e della Costituzione sono stati miracolosi.

Il fatto è che i miracoli non hanno gambe storiche e, nel nostro caso, quel tempo si è perduto.

La Costituzione, troppo poco applicata, negli ultimi venti anni è stata vista come ostacolo da rimuovere.

Quanto accaduto la settimana scorsa è, di fatto, un epilogo e una rimozione.

Teresa Mattei volle aggiungere all’art. 3 le parole “di fatto”, per essere certa che la Costituzione andasse a fondo nel promuovere l’uguaglianza, per rimuovere gli ostacoli che “di fatto” la limitano. Mai avrebbe pensato che “di fatto” la Costituzione, che sentiva cosa sua, come Oscar Luigi Scalfaro, sarebbe stata colpita “di fatto” e forse irrimediabilmente anche da chi si dichiara  erede delle e dei Costituenti.

La morte le ha risparmiato questo dolore.

Ho trovato conforto – temevo di essere troppo pessimista –  in due voci autorevoli, che ci hanno accompagnano  in questi anni tristi con le loro analisi profonde ma sempre trasparenti.

Nello stesso giorno, ieri, in attesa della festa del 25 aprile, Barbara Spinelli e Maurizio Viroli analizzano il nostro oggi – giustamente senza pietà – e chiamano le cose con il loro nome. Verità dolorose, ma vanno pur dette.

Li ringrazio.

Paola Patuelli

25 aprile 2013

Segue l’articolo di Maurizio Viroli.

In allegato l’articolo di Barbara Spinelli

UN PATTO IMMORALE E DISSENNATO (Maurizio Viroli).

Da Il Fatto Quotidiano del 24/04/2013.

No! Il voto delle Camere riunite che ha eletto Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica non ha offeso la democrazia, e non c’è stato alcun colpo di Stato. Democrazia vuol dire che le decisioni sovrane sono prese a maggioranza nel rispetto delle fondamentali libertà civili e politiche. Il Parlamento si è attenuto alle regole e a nessuno è stato impedito di votare o di manifestare la propria opinione.

Il voto del 20 aprile ha ferito gravemente valori molto più importanti delle regole democratiche, vale a dire lo spirito repubblicano, e quel poco di coscienza civile che cerca faticosamente di sopravvivere in questo disgraziato paese che fa di tutto per farsi odiare dalle persone oneste e amare dai delinquenti.

Lo spirito repubblicano – si rammenti che ‘repubblica’ deriva da res publica – è quella particolare saggezza e grandezza d’animo che sollecita i cittadini a porre il bene comune al di sopra degli interessi individuali e particolari. Orbene, cos’altro hanno fatto i parlamentari e i grandi elettori che hanno scelto di non eleggere un uomo probo e intelligente come Stefano Rodotà se non porre l’interesse privato e particolare al di sopra del bene comune della Repubblica?

Perché i servi di Berlusconi non abbiano votato per Rodotà è talmente ovvio da non richiedere commento: sarebbe stato come aspettarsi che un capo mafioso volesse uomini della tempra di Falcone e Borsellino ministri dell’Interno. Ma quale considerazione può aver spinto i deputati e i senatori del Pd alla loro scelta se non la caparbia e cieca determinazione di tutelare (male) il loro interesse di parte contro il movimento di sdegno per la politica degli intrighi e degli accordi con Berlusconi?

Quella dei parlamentari del Pd non è stata soltanto una decisione immorale, perché è immorale non sostenere un uomo che al Quirinale avrebbe fatto un gran bene all’Italia. È stata pure una scelta dissennata. Con un solo voto hanno: 1) distrutto il Pd senza possibilità di riscatto perché troppa è la vergogna di cui si sono coperti; 2) rafforzato ulteriormente Berlusconi rendendolo uno dei perni dell’equilibrio istituzionale e aprendogli la via per il ritorno al governo; 3) creato le condizioni affinché Grillo, se non commetterà sciocchezze, guadagni ai loro danni altri consensi; 4) indebolito l’istituzione della Presidenza della Repubblica che appare adesso non potere neutrale di garanzia, ma forza di parte opposta per di più a un uomo che rappresenta in modo esemplare la fedeltà alla Costituzione.

Per tragica ironia della sorte, tutto ciò è avvenuto alla vigilia della Festa Nazionale della Liberazione che aprì la strada alla nascita della Repubblica e alla Costituzione. Allora uomini e donne di diverse convinzioni politiche e ideologiche trovarono la saggezza per operare insieme per il bene comune dell’Italia. Oggi il Pdl e il Pd il bene comune lo hanno messo sotto i piedi, con il sorriso compiaciuto e beffardo del vecchio padrone che non ha mai fatto mistero di ammirare Mussolini.

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